Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,20-21).
La vita cristiana è “vita in Cristo”. Ma oggi, come si può incontrare Cristo? Prima dell’ascensione, lo si accostava come qualsiasi altra persona. Lo si vedeva, toccava, ascoltava… Dopo l’ascensione il suo corpo è sottratto ai nostri sensi, ma non è cessata la possibilità di incontrarlo. Ora Cristo ci raggiunge in un’altra realtà tangibile, ha preso ancora un corpo “visibile” nei sacramenti, convergenti nell’eucaristia che in qualche modo li racchiude tutti.
L’eucaristia è il sacramento della pasqua, della passione, morte e risurrezione del Signore.
Gesù, durante l’ultima cena, dice: “Prendete e bevete, questo è il sangue della nuova alleanza”. Il riferimento è alla antica alleanza pattuita ai piedi del Sinai, ora la nuova alleanza si fa nel suo sangue, e lui dice che questo pane è il suo corpo e questo vino è il suo sangue; nell’eucaristia c’è il corpo, ossia Cristo crocifisso e risorto, con tutta l’energia dell’amore che si è espressa nell’offerta di sé, anche a prezzo della sofferenza più grande, per poterci salvare. C’è lui, con tutta la sua forza di salvezza e di amore, di implorazione e di redenzione per noi.
L’eucaristia ricapitola tutta la vita del Signore, dalla nascita alla risurrezione,ma noi siamo piccoli, non possiamo prendere tutto in una sola volta; ecco allora la pedagogia dell’anno liturgico in cui i singoli “misteri” (il termine significa “fatti che ci salvano”) della vita di Cristo, ci sono donati quasi ad uno ad uno di domenica in domenica, pur essendo un unico grande evento.
La Chiesa prepara con l’avvento la celebrazione della nascita di Gesù. Il tempo di natale comprende il mistero dell’imposizione del suo nome, la sua manifestazione ai pagani, il suo battesimo. Seguono le domeniche del “tempo ordinario”, che favoriscono la nostra riflessione su questi fatti, in modo che li facciamo entrare nella nostra vita. Dopo, preceduto dalla quaresima, incomincia il grande ciclo pasquale, che ci presenta, con una distribuzione sapiente, i misteri della passione e risurrezione del Signore: l’ultima cena e la lavanda dei piedi il giovedì santo, poi la morte il venerdì santo e la resurrezione nel giorno di pasqua, quindi l’ascensione e la pentecoste.
La ricchezza dell’eucaristia ci è dispiegata in modo che possiamo sostare davanti ad ogni singolo mistero, ad una parte della realtà globale di Cristo, perché noi cresciamo a poco a poco. La Chiesa, che è madre, si adegua a questa nostra gradualità e distribuisce la pienezza del mistero di Cristo nelle diverse celebrazioni dell’anno liturgico, in modo che noi possiamo concentrarci su ciascuna, sforzandoci di capire e di viverla.
Così noi riusciamo non solo a comprendere, ma anche ad accogliere nella nostra vita qualche cosa del grande mistero dell’eucaristia.
E lo si fa tutti gli anni, perché, come la pianta cresce e, nello scorrere del tempo, fa spuntare le foglie e i frutti, così anche noi, anno dopo anno, cresciamo nel Cristo, fino alla misura della sua statura.
Questo reiterare le stesse celebrazioni ogni anno, è qualcosa di più d’una ripetizione: l’apertura del cuore di oggi prepara alla più larga disponibilità del prossimo anno, che a sua volta consentirà di assimilare ulteriormente il mistero di Cristo nell’anno successivo, e così fino a che Cristo ci trasforma tutti e, in qualche modo, ci si può identificare con lui, ormai presi totalmente dal suo mistero.
Noi viviamo l’anno liturgico nella fede e cercando di tradurre nella vita i misteri che vediamo realizzati in Gesù. L’assiduo incontro con lui trasforma le nostre azioni quotidiane e le nostre relazioni personali. Fino a che Cristo viva pienamente e totalmente in noi. Il mondo viene salvato proprio così, attraverso noi che portiamo a compimento l’opera di Cristo, fino a che il tempo non sia concluso.
(M. Cè, da una Istruzione ai collaboratori Oders, Cavallino 11 gennaio 2003)